EUGENIO FERRETTI, 1951

EUGENIO FERRETTI, 1951

“Anche nella sua realtà più alta l’arte è sì apparenza, ma la sua irresistibilità, essa la riceve da ciò che non ha apparenza ” (Adorno, Dialettica negativa).

Qui di seguito è riportato un testo scritto dallo stesso Ferretti per il libro IMAGO, pubblicato in occasione di una sua mostra all’Oratorio di San Ludovico, Venezia (2002).

“L’occhio non ha dubbi sulle certezze che la ragione non ha. Così le immagini, predicati privi di soggetto, divengono per il nostro sguardo gli unici elementi di fede in un mondo di apparenze. Il vedere si fa vacua visione impersonale, e tutto ciò che si mostra alla nostra vista lo percepiamo solo attraverso quei caratteri che sono riferibili alle comuni conoscenze. Diversamente l’occhio, reso limpido dai dubbi della ragione, riesce a cogliere il punto in cui gli opposti, il reale e l’immaginario, si toccano separandosi”.

Nell’arte di Ferretti possiamo percepire l’ignoto che lotta per non svelarvi, fantasmi che si dimenano per non prendere corpo, un tumulto tra vita e morte, tra ciò che siamo e non sappiamo di essere. Per essere sé stessi, come lo stesso artista afferma, bisogna voler essere chiunque e, nello stesso tempo, non essere chiunque altro. In una delle sue opere, NATURA, esposta a Palazzo Butera, potremo scorgere due diverse concezioni tra ciò che esiste (Natura) e, nella forzata successione delle lettere finalizzata alla costruzione dell’immagine, ciò che deve essere (Aturan/Regola); imponendo così al naturale ciclo vitale un adattamento a norme ad esso aliene.

In un articolo del 1993 Gillo Dorfles scrive di Ferretti: “…secondo me la vera conclusione estetica della sua opera è la “godibilità percettiva” e la sensazione di improbabilità oggettuale e insieme di definitezza materica. Basta guardare queste superfici di legno incise, queste lettere formanti parole legate da vincoli occulti; questi labili segni di numeri, di lettere, di schemi, tracciati nel nulla. Per queste ragioni, soprattutto, ritengo che un’opera come quella di Ferretti, certamente critica, poco adatta ad essere immediatamente compresa e apprezzata, sia in grado di reggere all’incalzare del tempo, proprio per una sua intima capacità sublimatrice dell’immagine”.
EUGENIO FERRETTI, 1951