Manifesta 12 Palermo

Manifesta, la Biennale nomade europea di arte e cultura contemporanea, nasce nei primi anni 90 in risposta al cambiamento politico, economico e sociale avviatosi alla fine della Guerra fredda e con le conseguenti iniziative in direzione dell'integrazione europea e la successiva frammentazione. Manifesta 12 Palermo esplora l'idea di convivenza in un mondo mosso da reti invisibili, interessi privati transnazionali, intelligenza algoritmica, crisi ambientale e disuguaglianze sempre crescenti. Guarda a questo mondo attraverso la lente unica di Palermo, una città nel cuore del Mediterraneo, crocevia di tre continenti. Lavorando a stretto contatto con i suoi cittadini, Manifesta 12 sceglie Palermo come luogo ideale per indagare le sfide del nostro tempo e per sperimentare possibili scenari.

Manifesta 12 occupa il secondo piano di Palazzo Butera, in un momento di transizione in cui l'esposizione dei diversi strati di affreschi, vedute sul mare, tubi, strutture e rivestimenti mostrano la complessa negoziazione (e interazione) tra arte, storia, tecnologie costruttive, geografia, gravità e vegetazione.

Riflettendo su forme di coesistenza tra diverse entità, Manifesta 12 presenta qui le opere di Maria Thereza Alves, Melanie Bonajo, Fallen Fruit, Renato Leotta, Uriel Orlow e Sergey Sapozhnikov.

 

Maria Thereza Alves - Una proposta di sincretismo (questa volta senza genocidio), 2018

Maria Thereza Alves-Una proposta di sincretismo (questa volta senza genocidio). Photo Wolfgang Träger. Courtesy Manifesta 12, Palermo 2018.

 

Installazione

In collaborazione con: Antonio Josè Pantuso (Le Stanze del Gattopardo)

Il progetto nasce da alcune piastrelle trovate sulle bancarelle del mercatino di Piazza Marina con raffigurazioni di esotici pappagalli brasiliani: frammenti di un motivo ornamentale piuttosto comune a Palermo, noto come “uccelli del paradiso”, composto da raffigurazioni di uccelli esotici e locali che vengono solitamente rappresentati sulle targhe che celebravano eventi come l’inaugurazione di un nuovo castello o di una prestigiosa dimora.

Il progetto intende alludere al paesaggio geografico e gastronomico della Sicilia, in cui il fico d’india e l’agave dal Messico, i pomodori e le patate dalle Ande, gli alberi di Jacaranda e di Ceiba speciosa dal Brasile, formano un nuovo sincretismo, talvolta assimilato dai siciliani nelle contemporanee definizioni della regione. Il progetto allude inoltre ai pappagalli brasiliani: uccelli capaci di scappare dalla cattività a cui sono costretti senza aver mai commesso alcun crimine.

 

Melanie Bonajo - Night Soil, 2014

Melanie Bonajo-Night Soil. Photo Wolfgang Träger. Courtesy Manifesta 12, Palermo 2018.

Video

Night Soil è un documentario sperimentale in tre parti che mostra come la maggior parte della popolazione occidentale percepisca un forte senso di disconnessione dalla natura. Attraverso un approccio semi-documentaristico, Melanie Bonjao approfondisce come le persone convivano oggigiorno con un senso di frammentazione e alienazione.

I suoi personaggi sono alla ricerca di nuovi rituali, di un rapporto diverso con la natura e di una riconfigurazione delle nozioni legate alle tematiche di genere, nel tentativo di contrastare il tremendo senso di vuoto che li pervade, ricerche che non di rado conducono a vite improntate all’illegalità al di fuori della società. Bonajo descrive queste situazioni con passione ed eleganza, con tocchi improvvisi di assurdità in cui lei stessa si mette in gioco, apparendo nel video. Sotto una superficie di umorismo e apparente caos, affiora il sentimento ambivalente dell’artista nei confronti dello sviluppo tecnologico e capitalistico della società moderna.

Scene di tipo semi-documentaristico si alternano a frammenti allucinatori che emergono dall’immaginazione di Bonajo. Questi ultimi prendono forma dall’intensa collaborazione con i personaggi principali, per lo più donne, nella convinzione che le loro voci, ancora oggi non siano sufficientemente ascoltate.

 

Fallen Fruit - Theatre of the Sun, 2018
FALLEN FRUIT, Theatre of the Sun, 2018 Mixed media installation Dimensions variable Photo: Wolfgang Träger Photo Courtesy: Manifesta 12 Palermo and the artist

Fallen Fruit-Theatre of the Sun. Photo Wolfgang Träger. Courtesy Manifesta 12, Palermo 2018.

Tecnica mista

La frutta, come la cultura, si muove lungo rotte di espansione territoriale, commercio internazionale e migrazioni: i semi viaggiano per il mondo. La frutta è un soggetto naturale, ma anche culturale quando non persino “politico”.

Theatre of the Sun è composto da un’installazione immersiva, fatta da carta da parati e dalla Public Fruit Map di Palermo, che indica la posizione di centinaia di alberi da frutto in spazi pubblici e privati della città: alberi che molto spesso sono del tutto trascurati e ignorati. Le mappe sono gratuite e, come accade per i frutti, divengono una risorsa condivisa. La Public Fruit Map di Palermo fa parte di Endless Orchard, un progetto globale in via di espansione che si propone di mappare la presenza urbana di frutti commestibili nelle città di tutto il mondo, offrendo una riflessione contemporanea sul tema degli spazi pubblici, che conservano la storia locale e al tempo stesso si rinnovano continuamente.

 

 

Renato Leotta - Giardino, 2018

Renato Leotta-Notte di San Lorenzo.  Photo Sebastiano Pellion di Persano​. Courtesy Manifesta 12 and the artist, Palermo 2018.

Renato Leotta-Luce.  Photo Sebastiano Pellion di Persano​. Courtesy Manifesta 12 and the artist​, Palermo 2018.

Installazione, tecnica mista

Notte di San Lorenzo è un’opera ambientale che mette in relazione una porzione di giardino di agrumi con lo spazio interno di una sala di Palazzo Butera. I due ambienti (il primo ideale e il secondo reale) si fondono in un unico paesaggio mentale, dialogando sulle circostanze che legano tempo e spazio per mezzo della gravità. Le maioliche di argilla cruda con cui viene composta la pavimentazione della sala registrano la caduta dei limoni dagli alberi. Questi, attratti a terra per maturazione, per il peso o per una forte folata di vento, compongono una costellazione di segni che testimonia una fase del ciclo di vita del giardino. Il pavimento, come il resto degli elementi architettonici decorativi, sottolinea la relazione tra ‘palazzo’ e ‘feudo’.

Luce, film in 16 mm, descrive come una raccolta di appunti i tratti del paesaggio agricolo.

 

 

Uriel Orlow- Wishing Trees, 2018

Uriel Orlow-Wishing Trees. PhotoSimone Sapienza​. Courtesy Manifesta 12 and the artist, Palermo 2018.

Uriel Orlow-Wishing Trees. Photo Simone Sapienza​. Courtesy Manifesta 12 and the artist, Palermo 2018.

 

Video installazione

In collaborazione con: Centro Sperimentale di Cinematografia – Sede Sicilia, Mutaro Balde, Mamadou Ba, Giuseppe Buttafuoco, Miriam Cossu Sparagano Ferraye, Saibo Fofana, Alieu Jabbi, Costanza La Bruna, Simona Mafai

Wishing Trees mette insieme tre alberi siciliani portatori di memorie, di eventi e persone importanti, creando una connessione tra storie di uomini e natura. Nella periferia di Palermo cresce un cipresso piantato da San Benedetto, il primo santo di colore della Chiesa cattolica che in vita era cuoco e figlio di schiavi africani portati in Sicilia; nel centro storico un gigantesco Ficus Macrophylla, la cui presenza incombe sopra quella che un tempo era la casa del giudice Giovanni Falcone e di sua moglie Francesca Morvillo, entrambi uccisi dalla ma a nel 1992; infine, all’estremità sudorientale dell’isola, vi sono i resti dell’ulivo all’ombra del quale nel settembre del 1943 fu firmato l’armistizio della Seconda guerra mondiale.

Attraverso storie contemporanee di conflitto, migrazione e lotta alla mafia, le radici di questi alberi raggiungono il presente. La suggestiva installazione in più parti di Uriel Orlow intreccia narrazioni della veterana attivista anti-mafia Simona Mafai e dei cuochi migranti africani che vivono a Palermo insieme con le speranze e i desideri rappresentati da questi tre alberi.

 

 

Sergey Sapozhnikov - A Wonderful Day, 2018

Sergey Sapozhnikov-A Wonderful Day. Photo Wolfgang Träger. Courtesy Manifesta 12, Palermo 2018.

Installazione, tecnica mista

Sergey Sapozhnikov vive e lavora in una regione post-industriale dove i detriti d’infrastrutture in rovina e il paesaggio naturale oggi formano un tutt’uno.
La sua pratica s’interessa ad ambienti e luoghi che potrebbero sembrare insoliti, ma che sono in realtà rappresentativi di atmosfera e storie di un’area specifica. Quando lavora con luoghi noti e riconoscibili, tende a mostrarli da prospettive che sono singolari e inaspettate.

Sapozhnikov crea grandi installazioni temporanee altamente suggestive che sopravvivono solo momentaneamente. Prima di distruggere queste costruzioni precarie, l’artista le fotografa per catturarne l’atmosfera.
Le opere dell’artista sono caratterizzate da un esuberante vocabolario visivo che coniuga natura, architettura e paesaggio. L’artista denomina le sue foto ‘still life’ e utilizza materiali come i materassi gon abili a simboleggiare fiori e frutta; tutti elementi che decadono velocemente e di cui non rimane che l’immagine.